giovedì 30 agosto 2007

Italiano e prevalenza del parlato

Molti studiosi delle lingue,quando si riferiscono al profilo della lingua italkiana, la descrivono spesso con un tratto distintivo; la prevalenza del parlato,della lingua parlata.
La prevalenza del parlato


Nella sua apparente ovvietà, il fatto che il linguaggio umano abbia a disposizione un registro parlato e uno scritto è una delle più straordinarie conquiste evolutive.
Ancora più sorprendente è che questi due registri non servano per "dire le stesse cose", ma siano destinati a "dire cose diverse" e a dirle in modi del tutto diversi, come hanno potuto constatare nella loro esperienza didattica i docenti incaricati dell'insegnamento della lingua italiana nei corsi della Circoscrizione consolare di Zurigo (nove Cantoni di lingua tedesca).
Questa diversità è così pronunciata che si può costituire una sorta di "grammatica" per ciascun registro.Gli incontri dello scrittore Angelo Petrosino con gli alunni dei corsi di italiano di Zurigo, Lucerna e Glarona dimostrano che nei primi anni di studio si costruisce una grammatica del parlato e dello scritto e si sviluppa la posizione del linguaggio nell'evoluzione dell'individuo di un determinato gruppo etnico secondo i suoi bisogni profondi, segnatamente quelli comunicativi.
Nella nostra prospettiva parlato e scritto sono due modi profondamente diversi di "compattare " l'informazione: da un lato, col parlato l'informazione è presentata in forma "dinamica", dall'altro, nello scritto, in forma "sinottica".
Generalmente, nell'ambito dell'istruzione si è abituati a considerare i due registri come la copia l'uno dell'altro.
Le recenti ricerche linguistiche, da M.A.Holliday a W.Ong, da H.R.Robins a Tullio De Mauro presentano i motivi peri quali occorre accettare la priorità e la prevalenza del linguaggio orale, del parlato sullo scritto.
Il parlato venne prima, con lo scarto di alcuni milioni di anni e appare prima della storia e sviluppo della nostra vita di individui. Possiamo aver imparato a leggere e a scrivere, ma continuiamo pur sempre a parlare e ad ascoltare, e procediamo ancora nell'apprendimento, a scuola o fuori, parlando e ascoltando.
Il fatto che siamo meno coscienti dei processi del parlare non rende questi ultimi meno importanti. Raggiungiamo scopi diversi attraverso la lingua parlata e scritta, ma nessuna delle due ha un valore superiore all'altro.

Tutta colpa dei film americani?
Nella realtà delle comunicazioni e dei processi multimediali oggi il parlato ha una maggiore diffusione e risonanza d'impiego in pubblico, basti pensare, per esempio, ai modi di parlare diffusi dai film americano tradotti in italiano, in modo frettoloso ed impreciso.
Questo nuovo tipo di parlato, vistosamente manipolato dall'originale in inglese, si sta diffondendo tra i giovani, anche tra quelli che frequentano i corsi di lingua e cultura italiana. È un fenomeno che deve essere adeguatamente valutato e compreso dai docenti italiani.
Abbiamo assistito ad alcune esperienze comunicative tra giovani italiani non per fare una caccia all'errore, ma per risalire all'origine di certi usi linguistici che sconvolgono la lingua comune.
L'abuso dei termini dannato, dannazione e dannatamente (dann, dannend) è subentrato ai precedenti maledetto, maledizione (usato spesso nei fumetti di Tex Willer) e maledettamente. Ciò è dovuto all’intensa circolazione negli ultini due decenni di film americani dove prevale per esempio, bastardo (bastard) su altre forme più comunemente italiane.
Ci sono inoltre altri tipici sbagli di doppiaggio in italiano quando si dice "dacci un taglio” (cut it out) invece di dire “smettila” o “piantala” o “finiscila!”, oppure "tranquilli" (be quiet) invece di dire “zitti”, “state buoni”, “silenzio!”; oppure ancora "lasciami solo" (leave me alone) invece di un più appropriato “lasciami stare in pace”; oppure "prego" (please) invece di per favore, sicuro(sure) invece di certo; oppure "bene" (well) invece di adoperare altri segnali discorsivi più frequenti in italiano come “ecco”, “veramente”, “dunque”.
Si può continuare ad osservare l'abuso filmico introdotto con certe interiezioni come " ehi, uau, iuhù" al posto di altre in italiano più comunemente diffuse come “oh, ah, e vai”. Oppure di "ehi amico" invece di “senti bello”, o “dico a te”, "ah ah" invece di pronunciare “sì, d'accordo”.
In alcuni telefilm americani , trasmessi più frequentemente dalla televisione italiana, come pure da quella svizzera,(canale TSI ) si sente parlare di "dipartimenti" (departement) al posto di ministeri o si celebrano dei compleanni (to celebrate) invece di festeggiarli.
Nelle comunicazioni personali ora si usa "essere in condizione di" (to be in condition to) anziché “potere”, “essere in grado di”, oppure "suggestione" (suggestion) invece di suggerimento, oppure "l'hai detto" (you said it) invece di “proprio così”, oppure "lo voglio" al posto del tradizionale “sì” della domanda di matrimonio formulata dal prete.
Fuori del cinema si usano ormai da tempo, tra l'altro, termini come "esatto" invece di “sì”, “hai ragione”, “sono d'accordo”, oppure "non c'è problema" (non problem) al posto di “dov'è il problema”. Inoltre emerge tra la gente comune lo strano "ok " ad ogni pausa di parlato, come se si fosse in una stanza del Pentagono.

La lingua di Dante oggi
Potremmo continuare ancora a sorprendere altri termini apparsi improvvisamente nell'uso quotidiano e derivati dall'influsso dei film americani sul nostro modo di dire, termini che non sono proprio in linea con l'italiano dell'uso, come afferma Tullio de Mauro nel suo Grande Dizionario dell'uso ( 6 volumi con CD-Rom, ed.Utet).
Là si legge al lemma " uso ": usare o praticare abitualmente, lingua usata correntemente dai parlanti comuni.
Andando avanti, De Mauro ,curatore dell'opera con la collaborazione di Giulio Lepsky ed Edoardo Sanguineti, fornisce ampie spiegazioni: il termine uso non significa "qualunque apparizione di qualunque parola", ma "ciò che viene adoperato in modo stabile nella nostra lingua" e quindi non i milioni di parole occasionali che, dopo due o tre stagioni comunicative, scompaiono dall'uso, ma parole che, anche se rare e derivate da un prestito, appaiono in testi significativi che a tutti può capitare di leggere.
Perciò non bisogna scandalizzarsi troppo di certe parole emergenti, influenzate da non corrette traduzioni dall'inglese; l'importante è considerare quale sia il contesto in cui sorgono e si affermano e quale sia la frequenza d'uso.
L'importante ancora è ricordarsi che, malgrado l'ingresso e l’uso di certe espressioni e forestierismi, il 90% del nostro lessico è già presente in Dante e negli autori del Trecento, che però non potevano prevedere termini come sgluteato, gasato o camporella.


Didascalia
Nella realtà delle comunicazioni e dei processi multimediali oggi il parlato ha una maggiore diffusione e risonanza d'impiego in pubblico, basti pensare, per esempio, ai modi di parlare diffusi dai film americano tradotti in italiano, in modo frettoloso ed impreciso.
Questo nuovo tipo di parlato, vistosamente manipolato dall'originale in inglese, si sta diffondendo tra i giovani.